Alba Finzi – approfondimento

Potremmo considerare la Riforma Gentile del 1923, come il primo vero e proprio atto di potere del governo fascista sul popolo italiano. La Riforma prometteva di essere rivoluzionaria, offrendo la possibilità di ricevere un’istruzione anche agli studenti con maggiori difficoltà pedagogiche, combattendo contro l’analfabetizzazione, e portando la scuola dell’obbligo fino ai quattordici anni. In realtà, poco dopo si rivelò essere un mezzo di propaganda fascista, controllando insegnanti e imponendo la religione cattolica come fondamenta per l’educazione. Nel corso degli anni, il saluto romano, simbolo del fascismo, divenne obbligatorio nelle scuole, all’interno delle quali venne introdotto l’insegnamento della cultura militare; le riviste e i giornali e qualsiasi mezzo usato per la divulgazione di notizie vennero sottoposti ad una pesante e selettiva censura. Nacquero successivamente delle organizzazioni giovanili, come i ragazzi Balilla e le Piccole Italiane, usate per istruire le nuove generazioni al fascismo.

Alba Finzi (seconda fila al centro) in una foto di classe del 1940

Nel novembre del 1938 il Consiglio dei ministri approvò le leggi razziste, annunciate in precedenza da Mussolini, nel settembre dello stesso anno a Trieste; provvedimenti politico-sociali, aventi come unico scopo quello di penalizzare ed escludere in maniera progressiva le persone di religione ebraica. Al principio, le leggi impedivano agli ebrei un’attiva partecipazione ad alcune attività sociali e commerciali, per poi arrivare a vietare loro la frequentazione di luoghi pubblici, fino a negar loro l’istruzione. In seguito, le leggi si estesero anche agli ebrei di “razza mista”, ovvero figli di matrimoni tra un cristiano ed un ebreo, anche in ambito scolastico, come nel caso della giovane Alba Finzi.

La quindicenne Alba frequentava la classe IV inferiore femminile dell’Istituto Magistrale Tommaseo quando, durante una comune mattinata di novembre, venne chiamata nell’ufficio del Preside e le venne intimato di abbandonare la scuola per sempre. Fortunatamente, ebbe la possibilità, insieme alla sorella Lia, di completare gli studi superiori, conseguendo il diploma scientifico nella scuola della Comunità Ebraica di Venezia.

Costretta a rifugiarsi nel 1943, in Svizzera con il padre e la sorella cercando di sfuggire ai tedeschi, che in quel periodo assediarono e occuparono il settentrione, e passando per diversi campi di raccolta profughi lavorando per un periodo nel campo di Herzberg vicino a Zurigo. Frequentò l’Università di Basilea grazie ad una borsa di studio e successivamente fece ritorno in Italia nel 1945 e frequentò la facoltà di medicina per tre anni. In seguito fu incaricata dalla Comunità Ebraica di lavorare alla Scuola Ebraica per accogliere i ragazzi che dopo la Liberazione erano ritornati alle loro case. Dopo l’esperienza, decise di dedicarsi totalmente all’insegnamento; si dedicò alla ricerca pedagogica per tutto il resto della sua vita. Negli anni Ottanta, presso il Magistero dell’Università di Padova, prese parte al gruppo di ricerca per il rinnovamento della didattica nella Scuola Italiana; oltre ad aver partecipato ai primi seminari per l’inserimento dell’Insiemistica nella Scuola Primaria italiana.

Un’altra foto di classe con Alba Finzi

Contenuti realizzati dagli studenti del Liceo Benedetti Tommaseo di Venezia