Jole (1926 – 1945) e Marisa (1929 – 1945) Jesurum

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è sh_Jole_e_Marisa.jpeg

Jole (15/08/1926, Venezia) e Marisa (24/12/1929, Venezia) erano figlie di Arrigo Giuseppe Jesurum ed Elvira Starita.

Marisa aveva compiuto 14 anni da pochi mesi quando venne arrestata a Zianigo di Mirano, il 7 novembre 1944, insieme al padre e alla sorella Jole. Le altre due sorelle Clementina (1924, Venezia) e Ileana (1928, Venezia) sfuggirono all’arresto.

Rinchiuse a San Sabba (Trieste), Marisa e Sole furono da qui deportate con il convoglio del 28 novembre 1944 a Ravensbrück.  Quando nell’aprile del 1945 il campo venne evacuato le donne furono portate, con una lunga “marcia della morte”, a Bergen Belsen. Poi di loro non si seppe più nulla.

Finita la guerra la sorella Clementina cercò disperatamente loro notizie.

Marisa è stata vista da più persone in un treno ospedale diretto in Svezia. Ieri sera siamo state dal capitano Venier, uno di quelli e ho creduto di star troppo male, di soffrire troppo e di sentirmi rompere dentro. Ha detto che era malata molto gravemente, povera sorellina, ma che non ci illudiamo sul suo conto. Marisa, tesoro caro, ritorno, ti supplico. Non farmi impazzire, fatti coraggio, datti forza, lotta, resisti, vinci. Oh vinci la morte, scacciala, mandala via!  […] E la Jole, la mia piccola Jole? Niente, il niente più assoluto. E tu papà, vivi ancora? Sei ancora qui a soffrire, a torturarti come per tutta la tua vita? 

(Dal diario di Clementina,  Venezia 24 agosto 1945)

Jole morì a Bergen Belsen il 1’ gennaio 1945. Sulla fine di Marisa c’è la testimonianza di un militare italiano riportata dallo storico Bruno Maida.

In un piccolo scalo ferroviario della Germania, un gruppo di ex internati militari attendeva, nell’agosto 1945, che passasse un treno per riportarli a casa. Una sera si fermò un convoglio, ma non poterono salire perché era un treno-ospedale e ospitava donne che provenivano da Bergen Belsen. Un soldato chiese se ci fosse qualcuno che parlava italiano e gli indicarono una donna. Allo sguardo del militare appare senza età, poteva avere dai 18 ai 70 anni: un camice da ospedale scendeva su un corpo scheletrico e lasciava scoperti un volto scavato e una testa senza capelli. Un sottufficiale le offrì della cioccolata ma un’infermiera lo fermò, chiedendo che la lasciassero riposare. “Non ha importanza – disse la donna -mi lasci parlare italiano. Forse è l’ultima volta!”. Raccontò che si chiamava Marisa, era stata catturata a Venezia nel novembre 1944, in seguito ad una delazione da parte di italiani. Il militare le fece una domanda ma lei lo interruppe: “Perché mi da del Lei? Sono una bambina, ho 14 anni!”. Il soldato chiese nelle case vicine se avessero dei fiori perché voleva darli a Marisa, ma gli abitanti si rifiutarono dicendo: “Non si danno fiori agli ebrei!”

In loro ricordo il 31 gennaio 2020 sono state posate due pietre d’inciampo (Castello, 6222)

Fonti: Bruno Maida, La Shoah dei bambini. La persecuzione dell’infanzia ebraica in Italia 1938-1945, Einaudi, Torino, 2013, p. 288-289; Maria Teresa Sega, Il banco vuoto. Scuola e leggi razziali. Venezia 1938-45, CIERRE edizioni, Verona, pp. 143-145; CDEC.

Galleria immagini

Jole Jesurum

Immagine 3 di 3