Giuseppe Jona (1866 – 1943)

Giuseppe Jona nasce nel 1866 da famiglia ebraica, è il quarto di cinque fratelli. Studia al Liceo Marco Foscarini e dopo aver conseguito la laurea in medicina a Padova diventa assistente di anatomia patologica; per oltre 40 anni esercita la professione di medico nell’Ospedale Civile di Venezia.

È laico e positivista, dedica un grande impegno alla formazione dei giovani nella “Scuola Pratica di Medicina e Chirurgia” fondata nel 1863 all’Ospedale Civile. Durante la Prima Guerra Mondiale presta la sua attività come maggiore-medico ausiliario e guadagna la menzione di “patriota entusiasta di fede incrollabile”.

Convinto che la filantropia fosse un doveroso impegno per cercare di riequilibrare le disuguaglianze sociali al di là delle differenze di credo, la esercita soprattutto individuando i bisognosi negli ospedali che aiuta con la sorella Paolina.

A differenza dei primari dell’epoca, cerca il contatto con la gente in particolare con i più sfortunati per i quali attiva anche un ambulatorio gratuito, per questo ottiene il titolo di “medico dei poveri” da una Venezia che lo stima e gli è riconoscente.

Giuseppe Jona (seduto al centro) con alcuni colleghi dell’Ospedale Civile di Venezia.

Raggiunge la pensione nel 1936 per limiti di età, ed evita in questo modo di essere cacciato dall’ospedale in seguito alle leggi razziali del 1938. Perde però la libera docenza e viene radiato dall’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti e dall’Ateneo Veneto, dei quali era socio. Nel 1940 viene radiato anche dall’Albo dei Medici come gli altri suoi correligionari privati della loro professione.

Nello stesso anno, nonostante non fosse praticante e nemmeno credente, il rabbino Adolfo Ottolenghi e il Consiglio della Comunità Israelitica gli chiedono di assumerne la presidenza, ritenendolo un rappresentante autorevole e da tutti stimato. Jona accetta e nel discorso del suo insediamento prevede che la situazione per la Comunità ebraica sarebbe peggiorata ulteriormente ma non si tira indietro e si impegna per organizzare la scuola per i bambini e per difendere la comunità dagli attacchi della stampa e dei fascisti.

Dopo l’8 settembre 1943 sceglie di rimanere a Venezia come riferimento per chi non voleva o non poteva fuggire. Di fronte alla richiesta delle autorità tedesche di consegnare una lista aggiornata degli ebrei rimasti in città e al timore che potessero costringerlo a collaborare, Jona il 14 settembre redasse un accurato testamento, lasciando gran parte dei suoi beni ad opere sociali e caritatevoli.

Il 16 settembre 1943, nel Ghetto di Venezia, il rabbino Adolfo Ottolenghi sta celebrando delle nozze quando giunge la notizia che Giuseppe Jona si è suicidato. I presenti si rendono conto con angoscia della rapidità con la quale si sta aggravando la situazione per gli ebrei. I due sposi, allarmati, non rientrano a casa e passano la notte all’Hotel Rialto come turisti, il giorno dopo prendono la strada per la Svizzera. Come loro molti ebrei scappano.

Il 31 gennaio del 2020 è stata posata una pietra d’inciampo dedicata a Giuseppe Jona (Cannaregio, 3826). A lui sono dedicate due lapidi commemorative, una nel campo del Ghetto nuovo e un’altra all’entrata del padiglione a lui dedicato all’Ospedale Civile di Venezia.

Fonti: Gli ebrei a Venezia 1938 – 1945, a cura di Renata Segre, il Cardo, Venezia, 1995, pp. 85-100; Giuseppe Jona, a cura di Gian Antonio Danieli, Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, Venezia, 2015, (ebook); https://moked.it/blog/2019/09/16/jona-medico-dei-poveri/; https://moked.it/blog/2021/01/13/il-medico-eroe-amico-dei-poveri-di-venezia/; https://timermagazine.press/2018/03/29/il-suicidio-di-giuseppe-jona-il-medico-dei-poveri-presidente-della-comunita-ebraica-di-venezia/

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Ospedale Civile di Venezia

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