Casa Israelitica di riposo (1943 – 1945)

“Tutti gli ebrei, anche se discriminati, a qualunque nazionalità appartengano e comunque residenti nel territorio nazionale debbono essere inviati in appositi campi di concentramento; tutti i loro beni mobili e immobili debbono essere sottoposti a immediato sequestro in attesa di essere confiscati nell’interesse della Repubblica Sociale italiana, la quale li destinerà a beneficio degli indigenti sinistrati dalle incursioni nemiche”. Siano per intanto concentrati gli ebrei in campi di concentramento provinciali in attesa di essere riuniti in campi di concentramento speciali appositamente attrezzati”. Con quest’ordine del 30 novembre 1943, le autorità italiane avevano ufficialmente assunto in proprio l’iniziativa della persecuzione delle vite degli ebrei.

Nella note tra il 5 e il 6 dicembre, la Guardia fascista repubblichina e la Questura fecero una grande retata a Venezia: vennero arrestate oltre cento persone, uomini, donne, bambini dai tre ai quattordici anni. Una cronaca, basata su testimonianze, riferisce che “tutti quelli strappati alle proprie abitazioni e quelli presi alla Casa di Ricovero furono in un primo tempo portati alla sede del collegio Marco Foscarini che costituì una prigione improvvisata senza letti”.

Campo del Ghetto Novo

Nell’estate del 1944 un gruppo di SS, reduci da Treblinka, agli ordini di Franz Stangl, fu particolarmente attivo nella ricerca e deportazione degli ebrei. In una prima retata, le SS deportarono circa 90 persone: tra questi ventidue ultrasettantenni ospiti della Casa di Ricovero e il rabbino capo Adolfo Ottolenghi.

Fonti: Riccardo Calimani, Storia del Ghetto di Venezia, Rusconi, Milano, 1985, p. 467 – 469; Michele Sarfatti, Gli ebrei nell’Italia fascista. Vicende, identità, persecuzione, Einaudi, Torino,
2007, p. 269

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Pietra d'inciampo dedicata agli ospiti della casa di riposo

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