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Le ragioni del D.M. sui requisiti necessari e qualificanti per l'istituzione e l'attivazione dei corsi di laurea nelle università

(documento pubblicato sul sito del MiUR in occasione dell'emanazione del D.M. 31 ottobre 2007, n. 544)

L'emanazione del decreto, in coerenza con il D.M. Linee guida dello scorso agosto, avvia un processo di riforma generale dei percorsi formativi universitari, che si realizzerà gradualmente tra il 2008/2009 e il 2010/2011. L'autonomia didattica delle università si esprimerà d'ora in poi in modo indirizzato rispetto ad alcuni obiettivi di sistema:

  • ridurre e razionalizzare il numero dei corsi di laurea e delle prove d'esame
  • migliorare la qualità e la trasparenza dell'offerta
  • spostare la competizione tra gli atenei dalla quantità alla qualità
  • introdurre indicatori qualitativi come premessa del forte impatto che sul sistema avrà, a partire dal 2009, la nuova procedura di valutazione esterna delle università, effettuata dall'Agenzia Nazionale (ANVUR).

Il D.M. Linee guida, oltre agli obiettivi, e a indicazioni di indirizzo su molte questioni attuative dei nuovi percorsi di laurea di primo e di secondo livello, individua le principali tendenze negative che si sono verificate in attuazione della prima fase della riforma degli ordinamenti didattici (2001- 2006), alle quali ovviare attraverso la riprogettazione dei percorsi. Il nuovo D.M. sui requisiti necessari e qualificanti, in coerenza con il decreto con il quale sono state emanate le nuove “classi di laurea”, definisce ora sul piano specifico e tecnico i nuovi parametri di riferimento e le procedure per la revisione e l'istituzione dei corsi di laurea, per la loro attivazione e per la verifica della qualità. L'impostazione dei nuovi strumenti mira a costruire un quadro (e a favorire una cultura) di “autonomia responsabile”, senza ricadere in tentazioni dirigistiche e prescrittive, ma attuando una decisa inversione di rotta rispetto a quella tendenza allo scadimento dei risultati, in termini di qualità e quantità delle offerta formativa, che ha in alcune zone caratterizzato l'applicazione della riforma, ormai stabilmente inserita nel quadro del processo di armonizzazione europea della formazione superiore (le linee decise con le dichiarazioni della Sorbona e il patto sottoscritto all'Università di Bologna tra alcuni paesi dell'UE quasi dieci anni fa, consolidato ed esteso attualmente a quasi una cinquantina di nazioni europee e extraeuropee).

In particolare, nell'importante processo di trasformazione avviato nel 2001-2002 (a seguito del Decreto 509 del 1999), quelli che erano indicati come “requisiti minimi” per l'attivazione di corsi di studio, sono stati assai spesso utilizzati dalle università per incrementare l'offerta formativa in termini di eccessiva espansione del numero dei corsi di laurea da offrire. Il numero di corsi offerti è stato di solito “massimizzato” quasi sempre al limite dei requisiti minimi fissati dal D.M. 15. Inoltre si è derogato in quasi il 50% dei casi agli stessi requisiti minimi. Piani ed impegni di raggiungimento non sono stati verificati con il necessario rigore. Tale scarso presidio del processo di trasformazione ha generato palesi situazioni di ridotta efficienza con tantissimi corsi con un numero di iscritti modestissimo (spesso con nomi particolarmente fantasiosi), e con una utilizzazione di docenti di ruolo spesso in percentuali troppo basse. Ne ha sofferto la qualità dei processi formativi. Gli studenti, confrontando la situazione attuale con i percorsi dei vecchi corsi di laurea, hanno visto raddoppiare in numero degli insegnamenti e degli esami (con confronti internazionali questa situazione non trova paragoni). Questo non per incrementare l'efficacia ma prevalentemente per l'esigenza di aumentare le titolarità degli insegnamenti, provocando una inaccettabile frammentazione. In questo modo, se da un lato si sono registrati a seguito della riforma significativi progressi nel numero dei laureati e nei tempi necessari per il conseguimento dei titolo di studio, dall'altro non è diminuito il numero di abbandoni dopo il primo anno di iscrizione, spia evidente di una scarsa cura dei percorsi, e della scarsa efficacia delle attività di orientamento e tutorato. Inoltre è aumentato in modo esponenziale il numero dei corsi di studio a “numero programmato”, nella maggior parte dei casi senza giustificati motivi.

I contenuti del decreto

In generale, il decreto si basa su regole uguali per tutte le università, non derogabili. Diversa è invece la velocità richiesta per l'adeguamento, che in particolare potrà essere più dilazionato nel tempo per le università più piccole o di nuova istituzione – dove i processi di ristrutturazione sono più difficoltosi – e per quelle non statali. Punti di riferimento importanti – come effetti attesi dell'intero processo di riorganizzazione sono:

  • La riduzione del numero di esami che deve comportare anche una coerente riorganizzazione degli insegnamenti
  • La riduzione del numero complessivo dei corsi di laurea, che dovrebbe essere dell'ordine del 20-30%.
  • Una maggior responsabilità del governo centrale di ogni ateneo, che dovrà presidiare efficacemente i processi di miglioramento della qualità da verificare in termini di risultati
  • Il modificato ruolo dei nuclei di valutazione di ateneo con una individuazione più chiara e più incisiva del loro ruolo e delle loro responsabilità
  • L'influenza nelle scelte che avranno i nuovi indicatori di efficienza e di efficacia, anche esterna, che debbono essere utilizzati anche per i criteri di ripartizione a livello nazionale delle risorse statali tra gli atenei
  • Una valutazione più attenta delle risorse disponibili, in termini di strutture e docenza, quale elemento di garanzia verso gli studenti.
  • L'enfasi data alla trasparenza dell'offerta anche quale elemento di sollecitazione alla mobilità ed alle scelte consapevoli degli studenti. Le caratteristiche dei programmi di studio, dei singoli insegnamenti e delle competenze da accertare al termine degli stessi deve essere nota e resa pubblicamente consultabile, così come i dati sull'occupabilità e sul destino dei laureati.
  • L'obbligo di rilevare il parere degli studenti (finora ignorato per determinare interventi di adeguamento), che deve essere assunto quale indicazione necessaria per le azioni di miglioramento.
  • Una ridefinizione dei casi di consistente utilizzazione di docenza extra-universitaria, che là dove è particolarmente utile deve essere effettivamente motivata dalle caratteristiche professionali e scientifiche del personale che si intende utilizzare (da dichiarare già in sede di regolamenti didattici).
  • Un maggior rigore nella definizione dei requisiti quantitativi e qualitativi di docenza necessari per poter attivare un corso di laurea. Con i nuovi parametri adottati, un gran numero dei corsi di laurea attuali risultano privi dei requisiti necessari. L'offerta formativa va quindi sensibilmente ristrutturata, con una altrettanto sensibile riduzione del numero dei corsi di laurea offerti.
  • Una diversa procedura nei casi di programmazione degli accessi, che prevede una vera valutazione interna ed esterna dei singoli casi, e la autorizzazione del ministero.
  • Un rapporto effettivo tra progettazione e analisi della domanda di conoscenze e competenze espressa dai principali attori del mercato del lavoro, come elemento fondamentale per la qualità e l'efficacia delle attività cui l'università è chiamata (in questo senso un contributo importante può essere assicurato da confronti anche a livello nazionale organizzati dalle Conferenze dei Presidi e dall'Interconferenza con il mondo della produzione, dei servizi e della pubblica amministrazione).
  • Il monitoraggio dell'intero processo di trasformazione, da parte del MiUR e del CNVSU, in dialogo costante con il CUN, la Crui, l'Interconferenza dei Presidi, che potrà dar luogo a correzioni. Le Università sono invitate dal Ministro a progettare i nuovi percorsi nei tempi che sono effettivamente necessari, e a superare eventuali inefficienze e criticità attraverso una severa analisi degli errori precedenti. Non vi sono incentivi per gli Atenei che trasformano la loro offerta formativa prima delle altre.

Il decreto, basato sul parere espresso dal CNVSU, oltre a fissare nuovi requisiti necessari per l'istituzione e per l'attivazione dei corsi di laurea, e a definire la procedura da seguire, indica alcuni requisiti qualificanti, che insieme a quelli indicati nel parallelo D.M. sugli indicatori per la programmazione 2007-2009, costituiscono iniziali criteri di valutazione, in attesa della piena operatività dell'ANVUR. Si supera in questo modo la situazione precedente, che ha visto un impegno quasi esclusivo degli atenei per superare i vagli iniziali, nella certezza che non sarebbero state poi operate successive verifiche sui risultati. In pratica, si intende così introdurre una metodologia che premi le qualità crescenti In futuro, anche per effetto della manovra finanziaria 2008 in corso di approvazione, la mancanza o la perdita nel tempo dei requisiti necessari e qualificanti potrà determinare riduzioni delle assegnazioni ministeriali.

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