La richieste della Confedir alla Ministra della P.A. FabianaDadone

 

 

Roma, 11 ottobre 2019

Prot. n. 508

 

 

MINISTERO PUBBLICA AMMINISTRAZIONE 

INCONTRO  DELLA CONFEDIR CON IL MINISTRO ON. FABIANA DADONE

 

Premessa

 

Ringraziamo il Ministro della Pubblica Amministrazione On. Fabiana Dadone per la convocazione che inaugura il confronto con le Parti sociali, al fine di individuare i problemi da affrontare e risolvere.

Auspichiamo che l’incontro del 15 ottobre 2019 possa essere di stimolo per le relazioni sindacali, con la ripresa di un serrato confronto del Governo e del Parlamento con le Parti Sociali.

 

La Pubblica Amministrazione dal 1979 ad oggi è stata interessata da almeno 22 interventi legislativi di riforma, che sovente non hanno raggiunto gli obiettivi prefissati, e spesso sono stati accomunati dall’insuccesso, apprezziamo e condividiamo la dichiarazione del Ministro che: “Non servono riforme radicali né atteggiamenti inutilmente punitivi che finiscono per frustrare anche chi lavora bene. Meglio promuovere buone pratiche e interventi mirati”.

 

La dirigenza, i professionisti ed il personale operante nelle Pubbliche Amministrazioni per il ruolo strategico indefettibile che le risorse umane rivestono in ogni sistema sono una delle leve più importanti per il miglioramento dell’efficienza e dell’efficacia dell’azione amministrativa nel suo complesso, ed indispensabile presupposto per un incremento della produttività del nostro Paese.  

Questa affermazione non è lo slogan di una qualsiasi organizzazione sindacale ma è un assunto inserito nella direttiva n. 10/2007 della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della Funzione Pubblica, avente ad oggetto: “Affidamento, mutamento e revoca degli incarichi di

direzione di uffici dirigenziali”.

 

I dirigenti e i professionisti devono essere, dunque, valorizzati, quali soggetti a cui è affidata la piena responsabilità dell’imparzialità, della legalità, dell’economicità e del buon andamento della Pubblica Amministrazione.

 

I dirigenti e i professionisti devono essere riconosciuti parte attiva anche nei processi di riforma della Pubblica Amministrazione, nella più ampia autonomia dalla politica.

 

Riportiamo di seguito quelli che per la CONFEDIR sono i settori che richiedono un intervento immediato e le proposte da noi elaborate.

 

Dirigenza

 

Per conseguire una migliore organizzazione del lavoro ed assicurare alla dirigenza un’effettiva autonomia è necessario istituire un tavolo di confronto con le Confederazioni ed Organizzazioni sindacali rappresentative della dirigenza pubblica.

 

Le maggiori criticità del sistema e di conseguenza le priorità da affrontare per la Confederazione sono: separazione tra vertice politico ed amministrazione, conferimento degli incarichi, sistemi di valutazione e formazione.

 

La violazione dell’autonomia della dirigenza gestionale è il maggior punto di criticità del sistema, da sempre da noi denunciato dovuto sostanzialmente al dilagare degli incarichi di tipo fiduciario (art.19 comma 6, D.Lgs n. 165/2001, art. 110 del D.Lgs 267/2000 per le autonomie locali ed dagli artt. 15 septies ed octies D.Lgs 502/92 e smi per il Servizio Sanitario Nazionale) ed al sostanziale fallimento della contrattualizzazione del lavoro pubblico e di quello della dirigenza in particolare, al quale si è ritenuto di poter applicare le norme del diritto privato al fine di conseguire maggiori livelli di efficacia ed efficienza delle prestazioni e che di fatto hanno, invece, creato un promiscuo sistema di regole di diritto pubblico e privato, inaffidabile. Nella disciplina vigente il comma 6 dell’art. 19 dispone che gli incarichi possono essere conferiti da ciascuna amministrazione, entro il limite del 10 per cento della dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia dei ruoli e dell’8 per cento della dotazione organica di quelli appartenenti alla seconda fascia, a tempo determinato, fornendone esplicita motivazione, «a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale non rinvenibile nei ruoli dell’amministrazione». La disposizione è chiara nell’assegnare una valenza residuale agli incarichi esterni che sono attribuibili soltanto in mancanza di dirigenti interni in grado di assolvere quei compiti e comunque sempre nel rispetto del limite percentuale predeterminato. A tale proposito è bene ricordare quanto afferma il Consiglio di Stato – Commissione speciale nel parere sullo “schema di decreto legislativo recante Disciplina della dirigenza della Repubblica” “Una dirigenza pubblica fortemente qualificata e competente, con carriere ispirate alla trasparente selezione, valutazione e progressione anziché a legami di solidarietà politica, garantisce i cittadini ed i governi di ogni colore politico, rappresentando l’ossatura di amministrazioni pubbliche dove si perseguono interessi di tutti e non di una o poche parti”.

 

E’ necessario porre particolare attenzione e garantire le procedure di conferimento, conferma e revoca degli incarichi dirigenziali.

Già la Corte Costituzionale con l’ordinanza n. 11 del 30 gennaio 2002 ha affermato che la normativa prevede garanzie con riguardo sia al conferimento che alla revoca dell’incarico. La Corte ha, altresì, ribadito che la “privatizzazione” comporta la protezione degli interessi dei dirigenti con la consistenza del diritto soggettivo ed ha sottolineato con le sentenze n. 313 del 25 luglio 1996 e n. 193 del 16 maggio 2002 come sia indispensabile che il regime di diritto privato assicuri, comunque, tutela adeguata dei dirigenti onde garantirne l’imparzialità. 

 

La dirigenza necessità, altresì, di un sistema efficace di valutazione, che come ha affermato il Consiglio di Stato rappresenta una condizione indefettibile per una riforma della dirigenza. 

 

Ogni dirigente e professionista ha, infine, non solo il dovere ma anche il diritto ad un aggiornamento professionale, focalizzato sulle novità legislative, regolamentari ed informatiche. Il dirigente, sia nel caso di prima assunzione, sia nel caso di passaggio da altra Pubblica Amministrazione per mobilità ha diritto di ricevere tempestivamente dalla nuova Amministrazione la formazione relativa alla peculiarità del nuovo incarico. Tale formazione, ove non fosse realizzabile nell’ambito di un’ attività corsuale strutturata, potrà essere somministrata anche con l’ausilio di dirigenti tutor e/o con il metodo “on the job”;

 

Per la dirigenza scolastica, invece, CONFEDIR chiede che sia previsto l’impegno dalla parte datoriale a promuovere azioni finalizzate a rivedere le responsabilità dei Dirigenti Scolastici sulla sicurezza degli edifici. Il Dirigente Scolastico ha il compito di garantire la sicurezza all’interno del proprio istituto, tutelando da un lato l’integrità psico-fisica dell’alunno e vigilando dall’altro sui soggetti a cui è demandato il compito di garantire la sicurezza, adottando misure atte a prevenire eventuali rischi all’interno delle istituzioni scolastiche. Certamente sul Dirigente Scolastico non possono ricadere colpe di cui non ha responsabilità: infatti, alla luce delle numerose criticità emerse sul tema della sicurezza a scuola, è inderogabile esentare i Dirigenti Scolastici italiani da qualsiasi responsabilità, onere civile, amministrativo e penale derivanti dai danni strutturali degli edifici scolastici da loro diretti, laddove abbiano tempestivamente richiesto alle Autorità locali proprietarie dell’immobile l’intervento, sia strutturale che di manutenzione, utile ad assicurare la sicurezza dei locali e degli edifici assegnati in uso. Una delle questioni aperte per quanto riguarda un efficace funzionamento delle scuole, è quella della drastica riduzione del personale in servizio, a seguito del pensionamento per raggiunti limiti di età. Ciò comporta per il personale in attività, un enorme ulteriore carico di lavoro per il ricorso all’istituto della reggenza delle sedi scoperte di titolare. L’obiettivo è quello di ridurre drasticamente il fenomeno delle reggenze, che devono essere utilizzate essenzialmente per la copertura di posti che si rendono vacanti per motivi di mutamento di stato giuridico del Dirigente titolare (comandi, distacchi, aspettative, assenze di lunga durata).

Molto preoccupante risulta la situazione che si va prospettando, relativa alla mobilità dei dirigenti scolastici, nei prossimi 10 anni. La mobilità dei dirigenti scolastici appena immessi in ruolo fuori della propria regione sarà ostacolata infatti da almeno tre fattori:

  • il vincolo triennale di assegnazione alla propria sede, sancito dal contratto di lavoro;
  • il limite del 30% delle sedi disponibili da riservare alla mobilità interregionale,

previsto nello stesso contratto di lavoro;

  • la sincronia con cui i dirigenti si troveranno a chiedere la mobilità interregionale alla scadenza di ogni triennio.

Per scongiurare il blocco completo della mobilità interregionale nei prossimi anni e impedire il rovesciamento di ogni criterio di merito nell’attuale procedura che di fatto penalizza i primi e premia gli ultimi della graduatoria di merito, proponiamo di adottare a partire dall’A.S. 2020/2021 e fino all’esaurimento della graduatoria di merito:

  • la mobilità straordinaria su tutte le sedi disponibili prima delle nuove immissioni in ruolo;
  • l’abolizione del tetto del 30% e di qualsiasi limitazione al numero delle sedi disponibili per la mobilità interregionale.

Professionisti

 

I professionisti del parastato, hanno subito, al pari degli altri pubblici dipendenti, le politiche restrittive governative che bloccando il turn-over da anni, li hanno resi quasi un ruolo ad esaurimento con pesanti conseguenze sia sotto il profilo lavorativo che economico.

Da “presidio di legalità all’interno delle Amministrazioni” (così si esprimeva la Commissione dei saggi nominati dal Presidente della Repubblica per superare la crisi della corruzione nella P.a.) si sentono ora non più una preziosa risorsa, per rendere gli Enti competitivi sul mercato, quanto un gravoso onere, ed hanno dovuto subire negli anni continue ed immotivate riduzioni delle piante organiche, senza mai immissione in ruolo di giovani professionisti (gli ultimi concorsi sono stati fatti all’inizio del secolo, l’età media dei professionisti supera i 60 anni e sono pochi i professionisti sotto i 50 anni), sommersi da scadenze ordinarie con progressiva riduzione dell’autonomia organizzativa e lavorativa ed alcuna visione prospettica.

 

Per i professionisti si chiedono anzitutto maggiori risorse contrattuali per il superamento con il prossimo CCNL della problematica dei livelli differenziati di professionalità, sulla quale il contratto in fase di definizione, firmato dopo 18 mesi di trattative e già scaduto, non ha dato ai professionisti le risposte che gli stessi si aspettavano soprattutto per la carenza di risorse 

 

E’ necessario altresì che vengano assunti indirizzi politici per il rafforzamento delle professionalità nelle Amministrazioni. La nostra Confederazione da sempre porta avanti la proposta di strutture professionali negli enti organizzate come veri e propri “studi professionali”, dotati anche di autonomia organizzativa, al fine di poter competere con le analoghe strutture del mondo delle imprese. 

L’art. 23 della legge professionale forense n. 247/2012 afferma che: “Fatti salvi i diritti acquisiti alla data di entrata in vigore della presente legge, gli avvocati degli uffici legali specificamente istituiti presso gli enti pubblici, anche se trasformati in persone giuridiche di diritto privato, sino a quando siano partecipati prevalentemente da enti pubblici, ai quali venga assicurata la piena indipendenza ed autonomia nella trattazione esclusiva e stabile degli affari legali dell’ente ed un trattamento economico adeguato alla funzione professionale svolta, sono iscritti in un elenco speciale annesso all’albo. L’iscrizione nell’elenco è obbligatoria per compiere le prestazioni indicate nell’articolo 2. Nel contratto di lavoro è garantita l’autonomia e l’indipendenza di giudizio intellettuale e tecnica dell’avvocato”.

La legge 20 marzo 1975 n. 70 agli articoli 15 e 16 evidenziava che gli appartenenti al ruolo professionale, mentre partecipano, in varia misura al procedimento di formazione della volontà amministrativa degli enti pubblici, si assumono nell’esercizio della loro attività “a norma di legge una personale responsabilità di natura professionale”.

Nella Relazione parlamentare Galloni, di accompagno alla legge 20 marzo 1975 n. 70, si legge: “L’art. 15 della legge contiene implicitamente i criteri orientativi sul modo in cui va organizza tata in futuro l’attività delle categorie di professionisti (non più unità burocratiche, ma nella forma di Studi professionali” in cui le competenze individuali possano essere integrate solo dalla collaborazione di gruppo e dall’azione di coordinamento generale, senza vincoli di subordinazione gerarchica lungo la linea operativa dei servizi di Istituto”.

Donde l’opportunità di una struttura peculiare, all’interno dell’Ente, che risponda alle loro duplici esigenze, per così dire interne ed esterne.

 

Lo studio professionale è caratterizzato dalla funzione di coordinamento e dall’apporto collegiale dei professionisti appartenenti, che concorrono agli approfondimenti e a scelte correlate agli obiettivi dell’Ente, individuandone le modalità di perseguimento. Tale soluzione potrebbe essere inoltre uno strumento efficace per limitare il ricorso all’outsourcing, in un’ottica di imparzialità ed efficienza della funzione.

 

In alternativa od a completamento dello studio professionale organizzato si potrebbe inserire la dirigenza tecnica dei professionisti, che non vuol dire l’acquisizione di una più elevata qualifica professionale, quanto il riconoscimento di un ruolo e funzione particolare, di alta professionalità riconoscendo maggiori responsabilità ma anche integrazione e partecipazione alle funzioni decisionali dell’Amministrazione di appartenenza, sempre però evitando i rischi di gerarchizzazione e burocratizzazione del ruolo professionale che per essere utile deve rimanere autonomo ed indipendente dall’Amministrazione.

 

Estensione della normativa sulle posizioni organizzative di elevata responsabilitàprevista dall’art. 1 comma 93 della legge n. 205 del 23 dicembre 2017 a tutti ifunzionari dello Stato ed Enti e Agenzie collegate

 

L’art. 1 comma 93 della Legge 23/12/2017, n. 205, concerne l’istituzione nelle Dogane, Agenzie fiscali e Monopoli delle posizioni di elevata responsabilità riservata per concorso interno all’area dei funzionari. Il provvedimento destinato per ora alle Dogane, Agenzie fiscali e Monopoli dovrebbe essere esteso a tutti i funzionari e le Amministrazioni dello Stato e Agenzie ed Enti normativamente collegate di: posizioni organizzative per lo svolgimento di incarichi di elevata responsabilità, alta professionalità o particolare specializzazione, ivi compresa la responsabilità di uffici operativi di livello non dirigenziale, nei limiti del risparmio di spesa conseguente alla riduzione di posizioni dirigenziali; tale riduzione non  rileva ai fini del calcolo del rapporto tra personale dirigenziale di livello generale e personale dirigenziale di livello non generale.

Questo anello mancante solo nell’Amministrazione pubblica privatizzata, come si evince, è finanziato a costo zero, con la soppressione di posizioni dirigenziali, con rapporto di 1 a 4: per ogni posizione dirigenziale soppressa si sostituiscono 4 posizioni di elevata responsabilità. 

Viene così eliminato il grande “vulnus” dell’Amministrazione italiana privatizzata, introducendo un raccordo tra dirigenza e area direttiva.

Ovviamente, per remunerare il maggior carico di lavoro dei dirigenti, sarebbe opportuno destinare maggiori risorse contrattuali alla stessa dirigenza,

La normativa introdotta, estesa a tutte le carriere ex direttive dell’Amministrazione pubblica privatizzata, potrebbe produrre l’auspicato risultato di una migliore organizzazione del lavoro, in termini di efficienza e rapidità dell’azione amministrativa, riservando il concorso di “vertice” come già previsto nella legge in vigore ai funzionari della terza area, purché in possesso però di laurea magistrale, così come è previsto per l’accesso alla carriera di cui fanno già parte e non di titolo di studio inferiore, D’Altra parte è bene far presente che nel privato esiste da sempre un’area quadri, con gradualità di funzioni, che sopperisce alle deficienze organizzative e raccorda dirigenza e area direttiva, mentre nel settore pubblico non privatizzato, non solo le carriere direttive esistono sia nell’ambiente civile che in quello militare (da sottotenente a tenente colonnello, considerato il vertice della stessa carriera ed equiparato stipendialmente ai gradi superiori dopo certe anzianità).

 

Sanità

 

Abbiamo celebrato lo scorso anno il quarantennale della costituzione del SSN. Indubbiamente è stata una conquista irrinunciabile per tutti i cittadini. Ci si deve solo chiedere se a quarant’anni dalla nascita continua a tutelare i suoi principi fondamentali: universalità, uguaglianza ed equità.

Il suo continuo sottofinanziamento, però, fa nascere grandi dubbi e testimonia come l’universalismo del diritto alla salute, fondamento del nostro SSN, si stia disgregando e sia ormai legato al CAP di residenza da cui dipendono anche forti differenze nei “prelievi” dalle tasche dei cittadini come ticket e addizionali  IRPEF.

Proponiamo di:

  • aumentare in modo progressivo, ma certo, il finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale. E’ indispensabile, inoltre, una suddivisione del fondo sanitario più coerente con i bisogni di salute della popolazione.
  • adottare un piano straordinario di assunzioni, tra le varie criticità una in particolare sta assumendo proporzioni notevoli: è la carenza di personale in particolare medico, carenza che rischia di determinare un vero e proprio default della sanità pubblica.

Rinnovi dei CCNL per il triennio 2019-2021 e aree di contrattazione

 

Il blocco della contrattazione, ha sottratto al conto della Pubblica Amministrazione oltre 12 miliardi di euro. Ciò è quanto certificato dalla Ragioneria generale dello Stato nell’Annuario Statistico. Nel 2015, “rispetto al 2009, l’anno in cui la spesa è stata massima, sono stati spesi per il pubblico impiego circa 12,6 miliardi in meno”. Un conteggio dal quale sono esclusi i “nuovi enti entrati a far parte della Pa”, al netto dei quali la riduzione delle spese sarebbe di una decina di miliardi. 

Le nuove articolazioni di contrattazione sono state definite nel CCNQ del 13 luglio 2016, per la dirigenza si è passati da 8 a 4 aree dirigenziali:

 

Area delle Funzioni centrali, comprendente i dirigenti delle amministrazioni che

confluiscono nel comparto Funzione centrali, cui si aggiungono i professionisti e i medici degli enti pubblici non economici;

Area delle Funzioni locali, nel quale trovano collocazione i dirigenti degli enti del

comparto Funzioni locali; i dirigenti amministrativi, tecnici e professionali degli enti ed aziende del comparto Sanità; i segretari comunali e provinciali;

Area dell’Istruzione e della ricerca, comprendente i dirigenti del comparto

Istruzione e ricerca;

Area della Sanità, all’interno della quale sono collocati i dirigenti degli enti ed

aziende del comparto Sanità.

Alle sopra citate aree si deve aggiungere quella della PCM.

 

Una delle conseguenze dell’accorpamento dovrebbe essere un progressivo superamento delle differenze nella struttura della retribuzione e nell’entità delle voci, anche allo scopo di favorire la mobilità del personale.

 

Come Parte sociale la CONFEDIR non può inoltre tacere la situazione in cui versa il personale della ricerca nel nostro Paese. La situazione di Ricercatori e Tecnologi degli EPR si configura proprio come una delle situazioni previste dall’art. 8 del CCNQ del 13.7.2016, e cioè meritevole di una distinta disciplina in un contesto contrattuale adeguato. 

Queste professionalità, infatti, sono attualmente ricomprese nel Comparto non dirigenziale, ma la natura del profilo è certamente di rango dirigenziale, come avviene per i professionisti degli Enti pubblici non economici ed i professionisti della Sanità. Ed invero il primo contratto di lavoro del 1998 fu proprio di natura dirigenziale e solo successivamente, a causa di diversi interessi sindacali, la categoria fu ricondotta, con alterne vicende, nel settore non dirigenziale.

 

Confermiamo, dunque le nostre valutazioni negative sulle ultime due riforme Brunetta – Madia, valutazioni queste dichiarate in tutte le sedi istituzionali, riforme che hanno ridotto e confermata la riduzione dei comparti e delle aree di contrattazione, perché permeate dalla errata convinzione che nel Paese esista la “Pubblica Amministrazione”, mentre la realtà è palesemente diversa. Esistono molteplici Amministrazioni, che hanno compiuto percorsi diversificati, che hanno finalità e necessità diverse, specifiche missioni e specifiche professionalità al loro interno. Gli effetti di tale impostazione sono alla base delle emergenti e prevedibili difficoltà di definizione dei contratti collettivi di lavoro, (ancora non sono stati rinnovati quelli dell’area funzioni locali e Presidenza del Consiglio dei Ministri) dimostrano come la riduzione delle Aree ed il conseguente accorpamento delle stesse siano discutibili e necessitino di una revisione, per la presenza (sia nel comparto che nella dirigenza) di figure analoghe ma aventi voci stipendiali diverse.

E’ necessario, dunque, per la CONFEDIR ridefinire il numero e la composizione delle aree di

contrattazione collettiva.

 

I prossimi contratti (triennio 2019-2021), comunque, devono necessariamente continuare il processo di omogeneizzazione di norme giuridiche ed economiche, esigenza di armonizzazione che si scontra però con la scarsità delle risorse economiche, da reperire nella prossima legge di bilancio.

 

CONFEDIR chiede che si ponga con chiarezza la questione della rivalutazione della retribuzione dei Dirigenti Scolastici, ponendo all’attenzione dei governi e delle forze parlamentari la necessità della perequazione retributiva con le altre dirigenze pubbliche e della perequazione interna alla stessa categoria tra le retribuzioni dei dirigenti provenienti dalla carriera direttiva, quelle dei vincitori del concorso riservato agli ex presidi incaricati e quelle dei vincitori dei concorsi ordinari.

La Confederazione chiede che vengano rese disponibili in sede negoziale risorse aggiuntive da destinare all’incremento retributivo dei Dirigenti Scolastici allineandola a quella delle altre dirigenze del comparto Istruzione e Ricerca e dei Dirigenti sanitari del Ministro della Salute.

Con la legge Lorenzin la n. 3/2018 è stata modificata la disciplina vigente relativa al ruolo della dirigenza sanitaria del Ministero della Salute: da un lato, è stato istituito un unico livello del ruolo succitato, e dall’altro, ai dirigenti sanitari del Ministero sono stati estesi gli istituti giuridici ed economici previsti per la dirigenza sanitaria del Servizio sanitario nazionale (ad esclusione dell’indennità di esclusività del rapporto di lavoro con la legge di bilancio n. 148/2018). 

Non si può parlare assolutamente di equiparazione ai corrispondenti profili SSN in assenza della esclusività di rapporto che, discrimina i dirigenti sanitari del Ministero. Pertanto è necessario adottare il termine “armonizzare” al fine di preservare la possibilità di avviare qualsiasi futura azione volta a raggiungere la reale equiparazione dei dirigenti sanitari del Ministero della Salute a quelli del SSN.

 

Maggiori risorse sono necessarie anche per superare l’annosa questione dei diversi livelli di retribuzione dei professionisti degli EPNE questione questa affrontata anche dalla recente ipotesi di ccnl dell’Area funzioni centrali, che ha garantito l’ampliamento della partecipazione degli stessi professionisti per valorizzare l’apporto collettivo alle funzioni professionistiche, ma per la scarsità di risorse a disposizione non ha potuto incidere sui livelli di retribuzione differenziati, limitandosi ad alcuni impegni programmatici ed all’istituzione di una Commissione Paritetica che ponga le basi per la risoluzione della questione nel CCNL 2019-2021.

Per comprendere la questione bisogna prendere atto dell’illegittimità sostanziale dell’intero sistema di retribuzione tramite livelli differenziati di professionalità, già dichiarata dalla Corte Costituzionale (v. sent. nr. 378 del 6-14.10.1993) che ha affermato che “non è da revocarsi in dubbio che l’attività svolta dai professionisti legali è identica per tutti gli appartenenti all’ “area legale” (perché tutti indistintamente esplicano funzioni identiche)”.

La pronuncia della Corte è stata di inammissibilità della questione sollevata e non di illegittimità costituzionale della norma soggetta all’esame, solo perché, nonostante la considerazione che “le norme impugnate sembrano ignorare queste modalità, sì che potrebbero apparire non conformi ai parametri costituzionali invocati, una decisione di accoglimento comporterebbe una pluralità di soluzioni che rientrano nella sfera di competenza del legislatore, qual è certo, tra l’altro, quella prospettata della difesa dei ricorrenti –. con la previsione d’un ancoraggio alle diverse abilitazioni professionali – o, anche, quella cui si ispira l’Avvocatura dello Stato, là dove la progressione conosce una duplicità di strade entrambe idonee a contemperare l’anzianità di servizio con il valore individuale del singolo”.

E’ inconcepibile che professionisti che svolgono le medesime funzioni e con la stessa esperienza professionale (ormai ventennale per i più giovani) si trovano a ricevere trattamenti stipendiali differenti ed essere sottoposti a procedure selettive mortificanti con pochi posti e tanti concorrenti.

 

Relazioni sindacali

 

Negli ultimi anni il legislatore è intervenuto ridimensionando le relazioni sindacali nel pubblico impiego, sollecitiamo in merito invece una riforma che ampli il sistema delle relazioni tra le parti.

E’ necessario un coinvolgimento delle organizzazioni sindacali anche nei processi di razionalizzazione delle pubbliche amministrazioni (ad esempio spending review) secondo modalità coerenti con le autonomie previste dall’ordinamento (che comprenda anche una riflessione sulle società partecipate e controllate, Consorzi e Fondazioni) e che accompagni anche i processi di miglioramento ed innovazione nonché il sistema premiante e incentivante al livello integrativo anche  tenendo conto delle norme già vigenti in materia di risparmi derivanti da processi di riorganizzazione;

per garantie la ibertà sindacale è necessario che alle organizzazioni sindacali siano assicurate le agibilità sindacali, pertanto, sollecitiamo la rapisda sottoscrizione definitiva del CCNQ per la ripartizione delle prerogative sindacali.

 

                                                                                                                        Il Segretario Generale

Prof. Michele Poerio

                                                                                    

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